“Là dove finisce ‘Io Capitano’ di Matteo Garrone comincia la nostra storia”, aveva detto Nils Hartmann durante la conferenza stampa di Unwanted-Ostaggi del mare, la nuova serie tv Sky e NOW in partenza da venerdì 3 novembre 2023. In effetti, se il film di Garrone ha mostrato al pubblico l’infernale viaggio che i migranti devono compiere prima ancora di salire su quelle imbarcazioni che spesso poi si rivelano essere trappole mortali, la serie tv con Marco Bocci e scritta da Stefano Bises si sofferma sul post-salvataggio, utilizzando lo strumento del thriller per agganciare il pubblico e fornirgli informazioni che, altrimenti, potrebbero indurre al cambio canale. Unwanted è un vero e proprio azzardo per la pay tv e in generale per la serialità italiana, che ha finalmente deciso di raccontare il dramma dei flussi migratori uscendo dai reportage e dai talk show. Ma basta per promuovere Unwanted?
La recensione di Unwanted-Ostaggi del mare
Una sfida che procede a passi lenti
Probabilmente è anche per questo che l’azione, in Unawanted, non è il primo obiettivo. La prima metà della serie (in tutto sono otto episodi) procede per piccoli passi, facendo rivelazioni piano piano che la trama avanza, ma senza trovare mai un punto di svolta vero e proprio, che giunge, appunto, solo a metà stagione.
Al pubblico che si accinge a guardare Unwanted viene insomma chiesto di avere la pazienza di entrare nel mood della storia e di sapersi ambientare tra le varie sottotrame raccontate. La varietà di personaggi permette di avere più di un filone da seguire: dalla coppia in crisi che cerca di ravvivare la propria relazione, a quella da poco sposata alla disperata ricerca di un figlio, all’adolescente non si trova mai a suo agio nel mondo fino al Capitano stesso della nave, uomo che deve dare l’impressione di essere risoluto e deciso ma che vive un forte trauma interno.L’obiettivo per tutti è il futuro
Senza dimenticarsi di raccontare le backstory di chi è stato salvato: Unwanted-Ostaggi del mare vive tra il presente dei passeggeri, proiettati nel futuro e nel tentativo di imprimere ad esso la direzione che vogliono, e il passato dei migranti, che inizia a dare alla serie l’altra sua impronta (di cui parleremo tra poco).
Per tutti i personaggi, però, l’obiettivo resta il futuro: la salvezza di una relazione o della propria vita e carriera sono i traguardi a cui aspirano tutti i personaggi. Cosa, questa, che fa di Unwanted una grande serie corale che ha il merito di saper mantenere la rotta dal punto di vista dei personaggi e delle loro visioni.
È stata la mano di Bises
Unwanted è ispirato al libro-inchiesta di Fabrizio Gatti del 2007 “Bilal”, in cui racconta la sua incredibile esperienza durata quattro anni da infiltrato tra i migranti che cercano di raggiungere l’Europa. Nel saper trasporre in chiave thriller quanto raccontato nel libro entra in gioco Stefano Bises: lo sceneggiatore ha fatto con Unwanted quanto aveva già fatto con Gomorra-La serie, soprattutto durante le prime stagioni.
Il materiale del libro diventa fonte d’ispirazione per scene molto forti, inserite per dare sì forma al passato vissuto dai migranti ma anche per fornire al pubblico gli strumenti necessari per comprendere al meglio il dramma che devono realmente vivere.
L’equilibrio tra realtà e finzione viene rispettato: Bises si conferma autore capace di raccontare la realtà senza cadere nella lezione da impartire a tutti i costi o nel documentario travestito da serie tv. Unwanted mantiene la sua mission di intrattenimento, mantenendo però il rispetto che la storia raccontata merita di avere.
Una serie che chiede fiducia, ma non potrebbe bastare
Lo abbiamo accennato poco fa: Unwanted non è una serie che entra subito nel vivo del racconto, e questa è una pecca per una serie che si propone come thriller. La trama, pur mantenendosi interessante, procede lentamente, impiegando troppo tempo a porre le basi per quella svolta di cui parlavamo sopra.
Questo resta il difetto maggiore e più evidente di Unwanted: prendersi troppo tempo per arrivare là dove sa di dover e poter arrivare. Se da un lato è una scelta rispettosa della vicenda narrata e consapevole che il materiale raccontato necessita della giusta cura per essere metabolizzato dal pubblico, dall’altro rischia anche di lasciare il pubblico perplesso, in perenne attesa di un qualcosa che deve succedere ma che sembra essere spesso rimandato.